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lunedì 2 aprile 2007

Ad Aldo Fabrizi e a mio nonno

Mi corre il pensiero, non solo perché la data lo impone (oggi ricorre la sua scomparsa), al “Grande Maestro“ Aldo Fabrizi, ed è un pensiero allegro che mi riporta a tanti piacevoli ricordi che si intrecciano tra loro. Non solo le tante risate (così tante e piene che mi faceva male la pancia) che suscitava nelle sue macchiette, caricature irresistibili di popolani di ogni tipo che proponeva nei teatri o in quella TV, ancora in bianco e nero, che si accendeva all’iniziare di Carosello per essere poi spenta alla fine dello spettacolo serale. No, quando penso al Maestro non mi viene in mente solo la sua immensa bravura, il suo parroco in “Roma Città Aperta”, gli oltre 80 films che portano il suo nome come attore o come regista, le sue poesie che insegnano la vita: il ricordo vola pian piano all’ambiente, alle situazioni, alla spensieratezza di cui mi beavo da ragazzino, alla serenità che infondevano quelle persone che con me godevano dell’arte di Aldo Fabrizi e soprattutto a chi ora non c’è più. Io sono stato un ragazzo fortunato, ho avuto la possibilità di vivere accanto a mio nonno per ventidue anni e se mi sento una brava persona, una persona di cui sono amico, lo devo tantissimo a lui. Erano coetanei mio nonno ed il Maestro, si conoscevano e, anche frequentandosi sempre più raramente, mai cadeva una ricorrenza senza che si scambiassero biglietti d’auguri; io li leggevo tutti: erano gioviali, spiritosi, insomma belli. E li ringrazio. Li ringrazio per i ricordi che mi hanno lasciato e li saluto. Magari lassù staranno giusto per “sgranarsi” due bei piatti di fettuccine alla ciociara (o di bucatini all’amatriciana) e allora …BONAPPETITO!


LA DIETA
Doppo che ho rinnegato Pasta e pane,
so' dieci giorni che nun calo, eppure
resisto, soffro e seguito le cure...
me pare un anno e so' du' settimane.
Nemmanco dormo più, le notti sane,
pe' damme er conciabbocca a le torture,
le passo a immaginà le svojature
co' la lingua de fòra come un cane.
Ma vale poi la pena de soffrì
lontano da 'na tavola e 'na sedia
pensanno che se deve da morì?
Nun è pe' fà er fanatico romano;
però de fronte a 'sto campà d'inedia,
mejo morì co' la forchetta in mano!