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domenica 23 agosto 2009

Fabrizio Spaziani cugino amico eroe. Il saluto

Precipita un elicottero del 118 sulle Dolomiti durante un intervento, muoiono i 4 occupanti del velivolo e pensi: “poveretti, non lo meritavano”. Poi pian piano ti viene il dubbio che la tragedia possa esserti molto più vicina di quanto sembrava all’inizio, infine realizzi che ti ha preso in pieno, che un parente, molto più amico di quanto il tempo trascorso insieme possa far immaginare, una persona di cui spesso parli per fissare un riferimento, un esempio, ha perso la vita.

Sin da quando, bambini, zio Dario ci portava sulla neve, Fabrizio è stato uno dei miei modelli da seguire, per il trasporto con cui faceva le cose e per il suo saper essere sempre coinvolgente: frequentavamo le elementari e nessun altro avrebbe potuto insegnarmi ad andare sullo skateboard, allora ancora sconosciutissimo.
Eravamo piccolissimi e già gli era scoppiata, irrefrenabile, la passione per la montagna, così quella sera (eravamo in un ambulatorio, forse a Ceccano – se non ricordo male) in cui mi disse che da lì a poco avrebbe lasciato la nostra Ciociaria, tanto cara ma troppo piatta, per andare a fare del bene sulle Dolomiti, ero contentissimo per il suo sogno che si stava realizzando e molto meno triste per il fatto che andava via: sapevo che ci sarebbe sempre stato, anche se lontano. Nei miei ricordi, nelle mie opinioni, nei miei gesti di ogni giorno, molti dei quali sono emuli dei suoi, sono ispirati dai suoi comportamenti, dalle sue parole, dai suoi insegnamenti.
Ha vissuto intensamente con la felicità raccolta nel salvare tante vite, nell’andare a prestare soccorso ai terremotati abruzzesi e anche nel salire sulla seconda vetta del mondo e se qualcuno penserà che ora non c’è più si sbaglia: Fabrizio c’è. Ci sarà sempre. Uno dei miei riferimenti: quello inarrivabile.